Scavi casuali e scoperte fortuite hanno segnato la storia della ricerca archeologica a Cosenza per oltre 150 anni, restituendo un quadro estremamente limitato e frammentario della vita della città in contrapposizione con le importanti testimonianze di numerose fonti letterarie (Livio,Strabone, Appiano) ed epigrafiche antiche (elogium di Polla) che ne evidenziano il ruolo non secondario nell’ambito poleografico della Calabria Settentrionale a partire almeno dalla metà del IV sec. a.C., periodo al quale andrebbe fatta risalire la designazione da parte di Strabone come metropoli dei Brettii, resisi autonomi dai Lucani nel 356 a.C. Ma non meno rilevanti appaiono le attestazioni relative alle vicende della città in epoca romana, quando Consentia diviene colonia ad opera di Augusto.
Rilevanti dati sulla topografia della città sono emersi dal 1984 in poi, in occasione di una serie di scavi di emergenza effettuati a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, nei livelli sottostanti alcuni edifici del Centro Storico, dando così l’avvio ad interventi controllati di archeologia urbana che nell’arco di un ventennio hanno consentito una lettura diacronica della frequentazione umana del sito, mostrandone l’ininterotta continuità sino ai giorni nostri.
Gli scavi svolti nel 1988 e 1990 all’interno del Seminario Vescovile, eretto nel primi anni del Novecento, ora prestigiosa sede della Biblioteca Nazionale, hanno rappresentato nel delicato campo dell’archeologia urbana, un importante esempio di convergenza di intenti tra istituti della Pubblica Amministrazione (organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali) in materia di tutela e valorizzazione del bene culturale che diventa patrimonio fruibile della collettività.
L’evidenza archeologica recuperata nella sede dell Biblioteca Nazionale integra le conoscenze acquisite nelle precedenti indagini (Palazzo Pompeo Sersale), concorrendo a disegnare una pianta della città affatto diversa da quanto ipotizzato in vecchi studi (per es. Galli 1907).
In base alle attuali conoscenze si può affermare che l’abitato della metropoli brettia si estendeva dalla metà del IVsec. a.C., e per tutte le epoche succesive, lungo il pendio che dal Colle Pancrazio digrada verso la sponda sinistra del Fiume Crati.
Lo scavo a 4 metri di profondità dal piano di calpestio del cortile interno, nel sotterraneo denominato Vano 14 documenta almeno 3 fasi di occupazione del sito con i resti di un’ unità abitativa costituita da zoccolo in ciottoli di fiume a secco intercalati da blocchetti in calcare e spezzoni di tegole, in uso dalla metà del IV sec. a.C. al II sec. d.C., poi obliterata da un potente strato di terreno argilloso su cui si impostarono le fondazioni del Seminario Vescovile.
Nell’ala Nord e nell’ala Sud-Ovest dell’edificio moderno, al di sotto dei livelli pavimentali, gli interveni di consolidamento previsti per la ristrutturazione dell’edificio, hanno portato alla scoperta di altri resti di unità abitative di Consentia. Nel Vano 11 le macerie di un poderoso muro in ciottoli coprono parzialmente lo scheletro di un bovino adulto, rimasto ucciso dal crollo del muro stesso, ma che si tentò di recuperare (tracce di macellazione).
Consistenti indizi di un evento traumatico, con tutta probabilità un terremoto, sono peraltro visibili nell’attiguo Vano 12, dove il crollo di un tetto in tegole piane e coppi ricopre tre ambienti di una casa ellenistica (fine III- II sec. a. C.) in uso fino al collasso finale della copertura avvenuta nel II sec. d.C., epoca a cui riportano tre brocchette rimaste schiacciate in situ.
Successivi interventi di epoca rinascimentale, e le strutture stesse del Seminario Vescovile si sovrapposero, tagliandole in più punti, alle costruzioni ellenistiche e romane,venendo così a formare un complesso palinsesto murario che si ritrova anche al livello del cortile dell’edificio moderno, nei Vani 15 e 16 dell’ ala Sud-Ovest, sul lato che si affaccia su Via Cafarone. Particolarmente significativi qui i resti di un grande edificio ellenistico (Vano 16) caratterizzato a Ovest da un corridoio che proseguiva con un portico sorretto da colonne lignee inserite in apposite buche. La documentazione archeologica di questo settore è completata da alcuni tronconi di muri (Vano 15) che reimpiegano materiale da costruzione (per lo più ciottoli ) mescolato a frammenti fittili ( laterizi e anfore) per un adattamento alquanto povero e rozzo risalente ad epoca tardoantica e alto-medievale.
Testo a cura di Silvana Luppino
Documentazione grafica e fotografica a cura di Adolfo Tosti
Lo scavo è stato seguito da AdolfoTosti e Antonio B. Sangineto
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